Mauro Mengoni è l’oste: figlio di un artigiano falegname ha studiato scenografia all’accademia di Belle Arti, e curando nel 1985 l’allestimento di un video bar a Recanati si è trovato via via coinvolto nella sua gestione, trasformando quindi il pub in una pizzeria e quindi in enoteca, con esposizione e vendita di prodotti tipici. La passione sempre crescente per la cultura gastronomica lo ha portato a frequentare molti corsi (divenendo sommelier), e quindi approdando al ruolo consapevole di guida in cucina della sua creatura definitiva, l’Osteria Leopardi. In questa conduzione gli è accanto sua moglie Lidia Sagni, l’ostessa, che per anni è stata maestra di bomboniere nel nego zio paterno, ed ha quindi poi portato questa sua esperienza nel gusto particolare (arricchito dalla frequentazione di corsi di taglio e lavori con il pane) di assortire cesti e bauletti promozionali di tipicità, assemblati secondo lo spirito delle antiche feste e ricorrenze tradizionali: si asseconda così l’altra importante vocazione di questo locale, ossia la valorizzazione e promozione delle produzioni artigianali alimentari del territorio.
L’Osteria di Via Leopardi racconta in cucina quel territorio recanatese (ed in senso più ampio maceratese e marchigiano) che non a caso è stato chiamato, anche grazie alla poesia di Giacomo, “terra delle armonie”. Le ricette assecondano le risorse agroalimentari locali nel loro ciclo naturale, con la cura nella scelta e l’attenzione della stagionalità, in menù composti in modo che emerga la materia prima, condizione imprescindibile per la riuscita elaborazione di un piatto. Il senso dell’identità territoriale è poi naturalmente presente anche nel riproporre antiche tradizioni di pietanze che si perdono lontano in memorie di campagne e borghi , a ritroso di generazione in generazione. Chi vi accoglie in questa osteria cerca di restituire certe sensazioni e riti di cucina e tavola vissute in prima persona, attraverso incroci ed incontri familiari, come la quotidianità contadina raccontata dai nonni e zie, o le memorie di grandi pranzi di campagna, come quelli per braccianti e “macchinisti” durante la battitura del grano. L’eco di quelle sensazioni risuona nei piatti qui serviti, arricchiti da altre pietanze e consuetudini rituali marchigiane raccolte nel tempo attraverso conoscenze, incontri fortuiti, persone anziane vicine e lontane, e tratte da libri ed articoli accumulati. La scommessa costante è quella di saper aggiornare e reinterpretare l’antica cultura gastronomica marchigiana rurale e signorile, dalle minestre ai vincisgrassi, adeguandola alle nuove sensibilità ed esigenze alimentari, senza per questo snaturare e svilire moduli cucinari ormai codificati nel tempo come storici, anche nel loro incrocio con ingredienti inizialmente alieni all’esperienza locale e poi progressivamente diventati familiari. Consueti piatti “di casa” come zuppe o verdure (come quelle “di campo saltate”) si adeguano a produzioni moderne con esperienze antiche, con riverberi anche arcaici (come il cedro candito ed i pinoli in certe insalate quasi rinascimentali), e con l’immediatezza di aromi inconfondibili d’erbe d’orto e spontanee, immediatamente evocative di questi colli e delle loro campagne, come ad esempio i talli, cioè le foglie di aglio selvatico. Il menù standard di degustazione qui proposto contempla tre antipasti, un primo, un secondo, e dolce.
All’ingresso del locale c’è un caffè allestito con arredi essenziali, volendo rievocare un po’ i ritrovi, come anche gli scaffali che rimandano alle vecchie drogherie, dove sono allineati bottiglie e confezioni di vini e prodotti tipici, non solo marchigiani. I turisti che passano da qua per via Leopardi, diretti alla dimora del poeta Giacomo, ritrovano così una sorta di ambasciata della regione, che va oltre le conoscenze convenzionali del ciauscolo e del Verdicchio. Chi varca la soglia del ristorante assapora con calma una tregua di marchigianità, chi si ferma con questo speciale ingresso via significativi souvenirs dello spirito e del gusto profondo di queste terre.
Da questa attenzione alla tradizione e alla conoscenza, nasce il gusto di proporre cene basate sul tema Leopardi. Si propongono attraverso la mensa imbandita un racconto delle varie fasi della vita del poeta, attraverso alcuni cibi significativi e ricette documentate nella sua vita e tramite il senso stesso della convivialità. Ogni cena rappresenta un’ideale tappa apparecchiata di una narrazione che non riguarderà solo la parabola stessa della sua esistenza terrena, ma anche la vita fin da subito eterna della sua eredità poetica. E la mensa raccoglie così, attraverso versi e vita dei poeti, ancora una volta, il piacere del corpo e dell’anima, della gola e della più libera e ispirata immaginazione.
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